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martedì 11 gennaio 2011

Ninna nanna del piccolo gigante

Ninna nanna del piccolo gigante  


Guarda le stelle, prendine una 
Sfoglia le punte che portan fortuna 
Quando le hai tolte ad una ad una 
Vedrai una palla dorata e scura. 
Tira la palla sul tetto rosso 
La fermerà un pettirosso 
Con la zampina ben alzata 
La manderà alla cascata. 
Là, sfiorerà l’acqua gelata 
Planando poi su un prato verde 
Dove un draghetto lesto lesto 
La prenderà, e fatto questo  
Con un gran soffio un tantino caldo 
Rilancerà il globo giallo. 
Rotola, rotola fino alla botola 
Dove l’acchiappa un topolino 
Che la rilancia su a nord a un pinguino 
Passala, passala verso di me! 
Grida dei poli il bianco re. 
L’amico orso la mette sul dorso 
Ed in grande fretta la porta in vetta 
Di un alto iceberg tutto ghiacciato  
-che iceberg sarebbe se non fosse gelato?- 
A questo punto mio caro figliolo, 
Mettiti in piedi dall’equatore al polo 
Raccogli in cima la palla dorata 
E poi riappendila su nell’arcata, 
L’arco grandioso del firmamento  
Che torna ad essere arcicontento. 
Mentre la notte silenziosa scende,  
Tu attentamente riattacca le punte  
A quella palla di luce splendente. 
Ecco, ben fatto!  
Ora sorridi. Ritorna a letto.  
Copri per bene il tuo culetto  
Chiudi gli occhioni, mio bel gigante 
Ed addormentati all’istante 
Fino a che sogni, durante il tuo sonno, 
Quella stellina che ha girato il mondo. 


Copyright © 2011 Solletico e parole by Emma Rotini

lunedì 10 gennaio 2011

IL PULCINO INSODDISFATTO



IL PULCINO INSODDISFATTO

Pit, che amore di pulcino! Nato da una covata di cinque uova, aveva fatto un po’ fatica a venire al mondo. Si sa, quando l’ambiente è affollato, è un po’ difficile trovare il proprio spazio!

Comunque un bel giorno il suo uovo cominciò a creparsi, e spingi che ti spingi con le zampette, finalmente il guscio si ruppe.
“Che luce, qui fuori” pensò, “non riesco ad aprire gli occhi.” Subito fu accolto da un fitto pigolio e da una strana signora con un becco un po’ invadente…Quante toccatine sul suo tenero culetto, Pit non sapeva ancora che si trattava dei bacetti di benvenuto della mamma.
Dea Coccodè era una grassa “chioccia”, la potrei definire la regina del pollaio; era lei infatti che organizzava la vita di quella stanzetta, fatta di tante zone delimitate e riservate alle varie galline e rispettive covate . Era un vero e proprio condominio, anche se …di polli.
Dea cercò subito di far mettere in fila i suoi piccoli, solo Pit faceva fatica, non riusciva a stare in piedi per bene, forse perché era stato l’ultimo a nascere o forse perché era un po’ pigro . Questa sua particolarità venne fuori dopo un po’, quando ormai libero e pronto a girellare per l’aia di quella bella fattoria ai margini di un bosco, divenne amico del bambino di tre anni che viveva lì con la sua famiglia.

Il bimbo passava con Pit molto tempo, lo prendeva sulla mano, lo chiamava, ci parlava ricevendo solo dei pio pio di risposta che lo facevano sorridere, ma molto spesso si divertiva a tirargli le piume per dispetto o a stringerlo un po’ troppo tra le sue manine paffute.
Pit, nonostante tutto, era molto legato a lui, anche perché ammirava tanto le  sue scarpine…
Come gli sarebbe piaciuto avere dei piedini come i suoi, così grassottelli, morbidi e rosati, invece di quelle secche e buffe zampine. Avrebbe potuto correre lontano e veloce o salire quelle scale così alte che portavano nella casa del suo amico.
Un giorno confidò questo suo desiderio alla mamma che reagì con una sonora risata coccodèica .  Poi, vedendo che il suo piccolo era rimasto male, provò a spiegargli come fosse impossibile che tutto ciò potesse accadere.

Dei lacrimoni giganti spuntarono dagli occhi di Pit, che disperato si mise a zampettare più forte che poteva.
Senza accorgersi si era diretto verso il bosco, tra le enormi piante che esso ospitava. Quando finalmente si fu calmato, si rese conto d’essere così stanco da non avere la forza di tornare verso casa. Trovò una quercia con un grosso buco e sfinito si infilò nel cavo per riposare.
Cominciò a sognare d’ essere un pulcino-bambino. Aveva dei piedini belli e cicciottini, proprio come quelli del suo amichetto. Erano il suo orgoglio, se li guardava, li muoveva, erano proprio belli . Ora poteva correre, arrampicarsi, salire e scendere senza più problemi. Nel sogno era nel bosco, vicino ad un grande fungo, che lo guardava strano; gli chiese se conosceva la scorciatoia per arrivare alla fattoria e dopo aver capito cominciò a camminare, poi a correre in mezzo ai rami secchi e ai cespugli. All’improvviso sentì distintamente dai rami di un albero alto alto gridare: “Stai attento, sei vicino alla tana di Rosina”! Pit si fermò, guardò in alto e vide uno scoiattolo spiccare lunghi salti verso il basso e fermarsi su un ramo poco sopra di lui .
“ Chi sei?” chiese Pit.
“Ciao, sono Schizzo, bada di non andare oltre, perché poco più avanti abita la volpe Rosina. A quest’ora è sicuramente nella sua tana ed avrà una gran fame. Ti consiglio di non farti scoprire. “
“Ti ringrazio, vorrei non trovarmi qui, ma a forza di correre con i miei piedi nuovi, mi sono perso e non so come tornare a casa …”
Proprio in quel momento si sentì un fruscio, si voltarono e…….era la volpe che aveva sentito l’odore del pollastrello.  Ohhhhhh, che fare? Pit cominciò a correre all’impazzata, i piedi funzionavano, ma erano un po’ pesanti per un pulcino. Si sentiva inseguito,  era terrorizzato. In lontananza vide la fattoria. Forza Pit, quasi ci sei ! Ma all’improvviso una radice assai sporgente lo fece inciampare in modo disastroso. Cadde rovinosamente, che dolore ! I suoi piedini erano coperti di sangue e lui non ce la faceva proprio a rialzarsi. Non aveva il coraggio di guardare… Rosina era lì davanti a lui. Che brutto muso! Era arrabbiata, perché aveva dovuto faticare per raggiungerlo.  
E ora che fa? Cos’è quel ghigno? Non aprire la bocca, ti prego! Che denti aguzzi hai! Aiutoooooooooooo!

Proprio in quel momento Pit aprì gli occhi, si guardò intorno… non c’era nessuno tranne quel fungo che continuava a guardarlo strano.
“Perché stai urlando? Cosa ti serve?” gli chiese.
“Ora più niente,” rispose Pit,” ho solo fatto un brutto sogno. Ti saluto, devo tornare da mia madre:”

Finalmente Pit aveva capito che doveva essere contento d’essere un “pio pio” a tutti gli effetti.


Copyright © 2011 Solletico e parole by Emma Rotini